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Gli Italiani e le Lingue Straniere: cosa non va?

Ci sono domande che la classe politica ha scelto di non farsi. E ci sono giovani che - scontrandosi con la realtà - a certe domande non possono fare a meno di cercare risposte.

La domanda è semplice: perché gli italiani trovano spesso difficoltà nell'imparare le lingue? Ma cercare una risposta, evidentemente, richiede molto coraggio. Il coraggio di ammettere che troppe cose vanno cambiate a livello istituzionale ma anche e soprattutto culturale.


Raccogliendo dati da uffici statistici nazionali, Commissione Europea e Eurostat o la banca dati della Scuola di inglese EF, Patricia Franciskovic - ricercatrice Italo-Croata con anni vissuti tra Belgio, Germania e Francia - ha creato un parallelo tra la prima nazione in Europa per conoscenza della lingua Inglese, la Danimarca, e il nostro Bel Paese, che nella stessa classifica si piazza al 22 posto (su 24 Paesi considerati).



Prima informazione utile. Italia e Danimarca vantano lo stesso numero di ore scolastiche dedicate all’insegnamento della lingua inglese: due alla primaria, tre alla secondaria di primo grado. Ma il metodo pedagogico è decisamente diverso. Noi ci concentriamo su scrittura e grammatica. I danesi imparano soprattutto a parlare, applicando la lingua a situazioni reali. Accademia contro apprendimento spontaneo.



Ma non è finita qui. La vera, netta differenza la fa l’atteggiamento culturale che i due Paesi hanno verso tutto ciò che è straniero. L’Italia, così come anche Francia e Spagna, porta con sé una storica chiusura alla diversità. «In Danimarca, commenta Patricia, c’è una accettazione delle lingue e culture straniere decisamente superiore rispetto alla nostra». Il che, tradotto in dati, significa che il 41% dei danesi usa l’inglese ogni giorno, contro il 9% degli italiani.

Il 93% dei danesi preferisce guardare film in lingua originale con i sottotitoli. Il 41% rifiuta - categoricamente - di guardare pellicole sottotitolate. Il 58% dei danesi consulta siti web in inglese contro il 26% italiano. L’84% dei danesi approfitta delle vacanze per parlare una lingua straniera contro il 47% nostrano.



«Il fatto che la quotidianità dei Paesi nordici sia intrisa di inglese, motiva maggiormente i bambini allo studio e apprendimento della lingua», continua Patricia, che si sente parte di una nuova generazione, «più permeabile della precedente alla diversità, ma anche, aggiunge, persa e in cerca di referenze».


Tutti i corsi di lingue straniere organizzati da Babylon nelle sedi di Rovigo e Monselice propongono un modello molto simile a quello danese: un approccio comunicativo alla lingua e un procedimento induttivo che ponga in primo piano la praticità e le funzioni comunicative in situazioni reali, definendo le necessarie regole grammaticali e procedure morfosintattiche sulla base delle esperienze pratiche. Per saperne di più: www.babylonlingue.com

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